Papilloma virus umano (HPV)

Che cos’è il Papilloma virus umano?

L’infezione da Papilloma virus umano (HPV) è un’infezione molto diffusa, che si trasmette prevalentemente per via sessuale. L’HPV è una famiglia di formata da più di cento tipi diversi di virus. La maggior parte di questi virus provoca delle lesioni benigne della pelle e delle mucose, come le verruche, i condilomi e i papillomi. Altri ceppi virali hanno invece un potenziale oncogeno, cioè sono in grado di produrre trasformazioni cellulari precancerose (displasie) che se non trattate possono diventare invasive, quindi evolvere verso un tumore. Infatti è ormai certo che almeno il 90% dei casi di cancro della cervice uterina sono dovuti all’infezione da HPV.

Come avviene il contagio con HPV?

L’infezione da Papilloma virus umano si trasmette nella maggior parte dei casi attraverso i rapporti sessuali. HPV infatti è una delle IST (infezioni sessualmente trasmesse) più frequenti. L’infezione può anche avvenire tramite il contatto fisico, se vi sono cellule virali attive e se sono presenti tagli o abrasioni di pelle e/o mucose. Anche il sesso orale può essere una pratica a rischio. L’uso del preservativo non elimina del tutto il rischio di contagio da HPV, che spesso attacca le zone vicine ai genitali. Le persone che hanno un sistema immunitario compromesso sono più esposte al rischio di contagio.

Quali sono i sintomi dell’infezione da HPV?

Nella maggior parte dei casi l’HPV è asintomatico (non ha sintomi evidenti). Generalmente l’infezione si manifesta con la comparsa di verruche in sede genitale su vulva, vagina, cervice uterina, perineo, ano, oppure in sede extragenitale a livello della bocca o della laringe. Queste lesioni si manifestano come escrescenze anche di qualche centimetro talvolta simili alla cresta di un gallo, per cui si parla di condilomi acuminati. Queste lesioni sono indolori, ma in alcuni casi possono provocare prurito o lieve fastidio. In una percentuale molto elevata il virus viene debellato spontaneamente dal sistema immunitario nel giro di 1-2 anni. I ceppi di HPV che provocano il cancro nelle zone genitali, non si manifestano invece attraverso i condilomi, ma con modificazioni asintomatiche a carico delle mucose genitali (tipicamente del collo uterino).

Come si fa diagnosi di infezione da HPV?

La diagnosi clinica di infezione da HPV viene fatta dal medico che rileva le tipiche lesioni. La diagnosi delle alterazioni di cellule e/o tessuti provocate da ceppi di HPV potenzialmente oncogeni viene invece effettuata attraverso l’esecuzione del Pap Test o di test specifici per la rilevazione del DNA di HPV. Se necessario vengono anche effettuate delle biopsie mirate a livello delle mucose genitali (colposcopia), che permettono di analizzare in maniera più approfondita i tessuti.

Che cos’è il Pap Test?

Il Pap Test è un esame di screening per la prevenzione del tumore al collo dell’utero, e rappresenta il maggior successo in tema di prevenzione oncologica su larga scala. Questo Esame consente di riconoscere le cellule provenienti dalle lesioni che precedono l’insorgenza di un tumore o da una lesione tumorale già presente. Si tratta di un semplice test nel quale il canale vaginale viene divaricato con uno speculum per consentire il prelievo di alcune cellule dalla cervice con una spatolina e uno spazzolino conico. Se eseguito a intervalli regolari (ogni 2-3 anni) a partire dal primo rapporto sessuale fino a circa 70 anni di età, il Pap-Test riduca il rischio di sviluppare tumore cervicale di circa il 70 per cento.

Come si cura l’infezione da HPV?

È possibile che le lesioni causate da HPV guariscano spontaneamente senza alcun trattamento. E’ però importante sapere che anche se le verruche scompaiono, il virus può persistere nell’organismo umano. Nei casi in cui l’infezione non regredisca spontaneamente, verruche e condilomi possono essere trattati con creme ad azione antivirale o immunomodulatrice in genere molto efficaci. In alternativa è possibile procedere con trattamenti chirurgici locali per la rimozione delle escrescenze quali laserterapia, diatermocoagulazione o crioterapia. Se invece la condizione è quella di tumore già sviluppato, i trattamenti sono diversi e variano in base alla gravità della situazione, dall’asportazione dell’utero, alla chemio e radioterapia.

Come prevenire l’infezione da HPV?

La prevenzione rimane sicuramente il miglior metodo per controllare l’infezione HPV, stando attenti ad avere rapporti sessuali protetti, soprattutto se occasionali o con più partner. Anche il sistema immunitario gioca un ruolo fondamentale nella prevenzione, per cui è importante mantenere uno stile di vita sano (abolire il fumo di sigaretta, mantenersi in forma evitando il sovrappeso e l’obesità).

Grazie allo screening con il pap test e quindi alla possibilità di avere una rapida diagnosi, la mortalità per tumore al collo dell’utero è nettamente diminuita, soprattutto perché è possibile individuare precocemente le lesioni precancerose e curarle prima che evolvano.

La prevenzione primaria avviene mediante vaccinazione e costituisce oggi la via più efficace per combattere il rischio di infezione da HPV. I vaccini disponibili sono tre: bivalente, quadrivalente e, dal 2017, 9-valente. Tutti sono indicati contro i ceppi 16 e 18 responsabili della formazione di lesioni neoplastiche della cervice uterina. Oltre a garantire questa protezione, il vaccino quadrivalente e il 9-valente prevengono la formazione dei condilomi genitali, maschili e femminili, causata dai rispettivi ceppi virali (HPV 6 e 11). Il Piano Nazionale di Prevenzione vaccinale 2017-19 ha inserito la vaccinazione anti-HPV nel calendario vaccinale per tutti gli adolescenti (di sesso femminile e maschile) a partire dal dodicesimo anno di età. Idealmente andrebbero vaccinate persone che ancora non abbiano iniziato l’attività sessuale, infatti la protezione offerta si abbassa se il soggetto è già venuto a contatto con uno dei ceppi contro cui il vaccino è diretto.

Herpes virus umano (HSV)

Che cosa è l’herpes genitale?

L’Herpes genitale è un’infezione dovuta all’Herpes simplex virus (HSV), di cui ne esistono due tipi, il tipo 1 (HSV-1) e il tipo 2 (HSV-2). L’Herpes virus umano è un virus estremamente diffuso nella popolazione umana. Una volta che si contrae l’infezione, il virus rimane latente nell’organismo per tutta la vita e in caso di indebolimento delle difese immunitarie (traumi della cute, radiazioni ultraviolette, febbre, stress psico-fisico, immunosoppressione, etc) può andare incontro a riattivazione. L’HSV-2 causa principalmente l’herpes genitale, mentre l’HSV-1 è responsabile prevalentemente dell’herpes labiale, anche se negli ultimi anni si riscontrano sempre più casi di infezioni genitali da HSV-1.

Come si trasmette l’herpes genitale?

La trasmissione dell’herpes genitale avviene soprattutto attraverso rapporti sessuali non protetti. Esiste anche la possibilità di una trasmissione verticale, ovvero madre-figlio, per via intrauterina, durante il parto o dopo la nascita (ad esempio durante l’allattamento). In un periodo di tempo breve (4-7 giorni) l’infezione può manifestarsi nel punto di ingresso del virus con la comparsa di piccole vescicole rosse o bianche. Frequentemente si creano delle ulcerazioni dolore superficiali o più profonde. Di solito queste lesioni si risolvono spontaneamente in poche settimane. Va detto, infatti, che una volta contratto, il virus permarrà per sempre nell’organismo e potrà ripresentarsi con ciclicità e anche se sono passati anni dall’iniziale contagio. Circa il 70% delle persone che hanno avuto una prima infezione può avere delle recidive soprattutto entro il primo anno.

Come si diagnostica l’herpes genitale?

La diagnosi si basa sull’osservazione delle vescicole che compaiono nella fase acuta. Tuttavia non sempre i sintomi sono presenti, soprattutto nelle fasi più avanzate e nelle recidive. Nei casi sospetti è possibile accertare la positività all’herpes genitale attraverso un esame di sangue che rileva la presenza di anticorpi diretti contro l’HSV (la presenza di IgM indica un’infezione attiva primaria, quella di IgG un’infezione pregressa). L’accertamento può includere anche la ricerca del virus nel materiale delle lesioni genitali mediante analisi PCR.

Come si cura l’herpes genitale?

I trattamenti oggi disponibili non sono in grado di curare l’infezione in modo definitivo. Ciononostante la terapia a base di farmaci antivirali è efficace nel ridurre i sintomi e accorciare i tempi di guarigione. Farmaci come aciclovir e valaciclovir ostacolano la moltiplicazione del virus e quindi riducono la durata della malattia. Tuttavia questi farmaci non sono in grado di debellare il virus latente.

Come prevenire l’herpes genitale?

La prevenzione dell’herpes genitale è simile a quella di altre IST e quindi necessita dell’astensione sessuale quando si è consapevoli di avere il virus, o l’utilizzo del preservativo durante il rapporto sessuale. Tuttavia il preservativo non copre tutte le aree che possono essere interessate dal virus e quindi non rappresenta una protezione totale dall’infezione. Attualmente non esiste un vaccino contro l’herpes genitale.

Sifilide

Che cos’è la sifilide?

La sifilide è un’infezione sessualmente trasmessa causata dal batterio Treponema pallidum. Dopo chlamydia e gonorrea, la sifilide è la terza IST più diffusa a livello mondiale.

Come si trasmette la sifilide?

La trasmissione della sifilide avviene attraverso qualsiasi tipo di rapporto sessuale (vaginale, anale, orale) e con il sangue. La sifilide può anche essere trasmessa da una madre infetta al nascituro durante la gravidanza, al momento del parto o durante l’allattamento.

Come si manifesta la sifilide?

Tipicamente la sifilide evolve in diversi stadi, ognuno caratterizzato da segni e sintomi diversi. Nella sifilide primaria, dopo un periodo di incubazione, si manifesta una lesione detta sifiloma (o lesione primaria), che compare sulle mucose direttamente contagiate. Solitamente ha l’aspetto di una macula tondeggiante od ovale, con margini netti e regolari, che rapidamente si ulcera, senza provocare dolore. Nell’uomo la localizzazione più frequente è nel solco balano-prepuziale del pene. Nella donna invece è al collo dell’utero, quindi praticamente invisibile. La lesione primaria è una lesione asintomatica, spesso passa del tutto inosservata, anche se in questa fase si è estremamente contagiosi. L’ulcera guarisce spontaneamente senza esiti nel giro 3-6 settimane, ma la malattia continua il suo corso. Dopo circa 4-8 settimane, lo stadio primario lascia il posto alla sifilide secondaria, in cui la spirocheta responsabile dell’infezione invade tutto l’organismo. In questa forma secondaria uno dei segni più tipici sono la comparsa di macchie rosate di varia forma, chiamate “roseola sifilitica”, che dapprima interessano il tronco e successivamente gli arti. Tipicamente sono coinvolti il palmo delle mani e la pianta dei piedi. Possono comparire sintomi sistemici come febbre, mal di gola, disturbi gastrointestinali e dolori muscolari ed ossei. Anche senza trattamento i segni e i sintomi della sifilide secondaria scompaiono, ma se non trattata l’infezione progredirà verso lo stadio latente. Nello stadio latente, che può durare diversi anni, la sintomatologia è del tutto assente ma il soggetto è ancora malato. Infine c’è lo stadio tardivo, che si presenta dopo molti anni dal contagio (10-30 anni) qualora non si sia intervenuto con un adeguato trattamento. Lo stadio tardivo può interessare qualsiasi organo, e le manifestazioni più gravi sono a carico del sistema cardiocircolatorio, del
sistema nervoso centrale, al fegato, alle ossa e alle articolazioni. Gradualmente insorgeranno cecità, perdita della memoria, demenza, paralisi progressiva e nei casi più gravi la morte.

Come si fa diagnosi di sifilide?

La sifilide viene diagnosticata mediante un esame del sangue. Si tratta di un test sierologico, quindi si va ad individuare la risposta anticorpale indotta dall’infezione sin dalle prime fasi. I test sierologici per la sifilide si distinguono in test treponemici e test non-treponemici. I primi si basano sulla ricerca degli anticorpi diretti contro antigeni specifici di Treponema pallidum. La positività ai test treponemici di solito persiste per tutta la vita. I secondi, cioè i test non-treponemici, si basano sulla ricerca di anticorpi prodotti contro sostanze liberate dai tessuti per azione patogena del batterio e servono a valutare l’evoluzione della malattia e la risposta alla terapia. Una falsa positività ai test non treponemici si osserva talvolta in caso di altre malattie infettive o in altre condizioni (gravidanza, età avanzata). È opportuno che tutti i pazienti ai quali viene diagnosticata la sifilide si sottopongano anche al test dell’HIV.

Come si cura la sifilide?

Il trattamento della sifilide nell’uomo prevede la somministrazione di penicillina per via parenterale.  Nei pazienti allergici a questo principio attivo si può ricorrere ad altri farmaci. La preparazione, il dosaggio e la durata del trattamento dipendono dallo stadio della malattia e dalle sue manifestazioni cliniche. Se si avvia un trattamento precoce nelle prime fasi della malattia, è sufficiente spesso una sola dose di penicillina, ad adeguato dosaggio e somministrata con un’iniezione intramuscolare. Nelle forme tardive invece è necessario procedere con più cicli di terapia, al fine di eradicare completamente l’infezione. Durante il trattamento farmacologico, per evitare di contagiare altre persone, è obbligatoria l’astinenza da qualsiasi tipologia di rapporto sessuale, fino alla completa guarigione. È importante ricordare che una pregressa infezione non conferisce un’immunità permanente a un soggetto che sia stato adeguatamente trattato e guarito, il quale pertanto può nuovamente infettarsi in caso di una nuova esposizione.

Come si previene la sifilide?

Non esiste un vaccino contro la sifilide. Il metodo migliore per ridurre il rischio di contrarre la sifilide è quello di evitare rapporti sessuali non protetti, soprattutto se con partner occasionali. Tuttavia questa precauzione non sempre è sufficiente, dal momento che lesioni infette possono essere localizzate in diversi punti del corpo. Va considerato anche che il Treponema pallidum può trasmettersi anche con i rapporti orali. Tutti i partner con i quali si sono avuti rapporti nei tre mesi precedenti andrebbero avvisati ed avviati ad un controllo medico.

Gonorrea

Che cos’è la gonorrea?

La gonorrea è una delle malattie sessualmente trasmissibili più diffusa in tutto il pianeta, ed è provocata da un batterio chiamato Neisseria gonorrhoeae. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ogni anno, nel mondo, sono accertati (diagnosticati) 78 milioni di nuovi casi di gonorrea.

Come si trasmette la gonorrea?

La gonorrea si trasmette attraverso qualsiasi tipo di rapporto sessuale (vaginale, anale e orale). La donna che contrae la gonorrea in gravidanza può trasmettere l’infezione al nascituro durante il parto, causando una congiuntivite neonatale. Neisseria gonorrhoeae, in grado di infettare le vie uretrali nell’uomo e le vie uro-genitali nella donna.

Come si manifesta la gonorrea?

Si stima che più del 50% delle donne e circa il 20% degli uomini infetti siano asintomatici. La gonorrea, soprattutto nelle donne, è spesso asintomatica. Generalmente si presenta con sintomi lievi che spesso vengono confusi con altre infezioni che interessano vagina o vescica. Se presente, la sintomatologia nella donna consiste in bruciore durante la minzione, aumento delle secrezioni vaginali e perdite ematiche tra un ciclo mestruale e l’altro. Nell’uomo i sintomi comprendono anche in questo caso bruciore durante la minzione, perdite di colore bianco-giallastro dall’uretra e talvolta dolore o gonfiore testicolare.

Come si diagnostica la gonorrea?

La diagnosi viene fatta attraverso un esame microscopico, colturale o mediante test molecolari. Gli esami vengono eseguiti su tampone uretrale nell’uomo o cervicale/vaginale nella donna. In caso di positività al test per la gonorrea, è necessario che tutti i partner sessuali vengano testati per questa infezione. Ai soggetti con infezione da gonococco è fortemente raccomandato lo screening per HIV e per altre IST.

Come si cura la gonorrea?

Nonostante la gonorrea sia un’infezione che spesso si manifesta in maniera pauci-sintomatica, le complicanze possono essere molto serie, e portare all’infertilità sia nella donna che nell’uomo. Essendo un’infezione batterica, può essere adeguatamente trattata con un ciclo di antibiotici prescritti dal medico. Tuttavia nel corso degli anni sta avvenendo la massiccia diffusione di ceppi farmaco-resistenti, che complicano il trattamento della gonorrea. Per questo motivo attualmente le linee guida prevedono una associazione di molecole antibiotiche.

Come si previene la gonorrea?

Ad oggi non sono esistono ancora dei vaccini efficaci per contrastare la gonorrea. Come per tutte le altre IST, la prevenzione si basa sull’uso del preservativo in tutti i rapporti sessuali occasionali, soprattutto se non si conosce lo stato di salute del partner.

Chlamydia trachomatis

Che cos’è la Chlamydia ?

L’infezione da Chlamydia è une delle malattie sessualmente trasmesse più comuni, ed è causata da un batterio chiamato Chlamydia trachomatis. La clamidia colpisce indifferentemente uomini e donne, con un picco verso i vent’anni, ovvero all’inizio della vita sessuale attiva.

Come si trasmette la Chlamydia?

L’infezione da Chlamydia si trasmette prevalentemente attraverso rapporti sessuali non protetti (vaginali, anali ed orali), e anche dalla madre al feto durante la gravidanza, causando nel nascituro una congiuntivite e/o una polmonite.

Come si manifesta la Chlamydia?

Il 70-80% delle donne è asintomatica, e il 50% degli uomini è asintomatico. Generalmente i sintomi si manifestano dopo 1-3 settimane dall’infezione. Nelle donne l’infezione da Chlamydia si manifesta con una cervicite, che può causare secrezioni mucose, sanguinamento e sensazione di bruciore. Negli uomini l’infezione da Chlamydia può manifestarsi come uretrite con secrezioni e sensazione di bruciore e prurito. Occasionalmente nell’uomo può determinare gonfiore e dolore localizzato ai testicoli, sotto forma di epididimite. Se trasmessa attraverso un rapporto anale, l’infezione può causare una proctite, con dolori, perdite mucose o purulente e sanguinamenti. Quest’ultima forma è di più frequente riscontro nei maschi omosessuali.

Quali sono le complicanze dell’infezione da Chlamydia?

Una complicanza dell’infezione da Chlamydia è l’artrite reattiva che si manifesta con artrite, uretrite, congiuntivite e lesioni muco-cutanee. Inoltre, alcuni ceppi più aggressivi possono anche provocare una malattia sistemica chiamata Linfogranuloma venereo (LV). Questa patologia è molto diffusa in Africa, India e nel Sud-Est asiatico. Il LV si manifesta inizialmente con la comparsa di una piccola erosione non dolorosa, a livello genitale, orale o anale. Dopo circa 2-3 settimane compaiono febbre, brividi, cefalea, anoressia, ingrossamento dei linfonodi. Nella fase avanzata si possono manifestare ingrossamento dei genitali causato dall’ostruzione dei vasi linfatici, ed ulcere in area genitale accompagnate da importanti cicatrici.

Come si fa diagnosi di infezione da Chlamydia?

L’infezione da Chlamydia viene effettuata attraverso test di laboratorio molecolari, in cui vengono amplificati gli acidi nucleici del microrganismo. Questi test sono considerati di riferimento, grazie alla loro elevata sensibilità e specificità. La ricerca degli acidi nucleici viene effettuata su tamponi cervicali e/o uretrali, oppure in tamponi vaginali, rettali, orali o in campioni di urine.

Come si tratta la Chlamydia?

L’infezione da Chlamydia viene trattata con antibiotici specifici prescritti dal medico. Generalmente sono necessarie due settimane di cura. Vanno trattati anche i partner sessuali avuti nei tre mesi precedenti l’insorgenza dei sintomi.

Come si previene la Chlamydia?

Come per le altre IST, occorre usare il preservativo ogni volta che si hanno rapporti sessuali in particolar modo se con partner occasionali e con ogni partner di cui non si conosce lo stato di salute.

Tricomoniasi

Che cos’è la tricomoniasi?

La tricomoniasi è un’infezione sessualmente trasmessa causata da un protozoo flagellato, il Trichomonas vaginalis. La tricomoniasi è una delle IST più frequenti ed è molto contagiosa. Colpisce in prevalenza le donne, mentre nell’uomo ha un’incidenza inferiore.

Come si contrae la tricomoniasi?

La tricomoniasi si trasmette principalmente attraverso tutti i tipi di rapporti sessuali (vaginali, anali, orali), ma esiste la possibilità di contrarre l’infezione anche con lo scambio della biancheria o con la condivisione di sex toys (giocattoli utilizzati durante i rapporti sessuali a scopo ricreativo). Se contratta in gravidanza, può associarsi a parto pretermine. La tricomoniasi spesso si associa alla presenza di altre IST, costituendo di fatto un indicatore di comportamento sessuale a rischio.

Come si manifesta la tricomoniasi

Nel 10-50% dei casi l’infezione decorre in modo asintomatico. Le manifestazioni cliniche, quando rilevabili, compaiono dopo 4-28 giorni dall’infezione. La sintomatologia si differenzia in base al sesso della persona colpita. Nell’uomo spesso l’infezione decorre in maniera del tutto asintomatica, ma talvolta si può avere una modesta secrezione uretrale e bruciori urinari. Nella donna invece può manifestare con perdite vaginali maleodoranti, giallo-verdastre, irritazione della vulva. Inoltre il Trichomonas ha la capacità di sfruttare il glicogeno, che è normalmente presente nella mucosa vaginale, per il proprio sviluppo. Di conseguenza il parassita sottrae glicogeno ai lattobacilli impedendo la sua trasformazione in acido lattico. Perciò si assiste all’innalzamento del pH vaginale che facilita la sovrapposizione di altre infezioni vaginali.

Come si fa diagnosi di tricomoniasi?

La diagnosi di tricomoniasi si ottiene con l’osservazione al microscopio delle secrezioni vaginali o uretrali. Sullo striscio vaginale (o uretrale) possono essere eseguiti anche altre tipologie di esami come test rapidi immunocromatografici. È anche possibile la ricerca del protozoo mediante coltura o amplificazione con PCR.

Come si cura la tricomoniasi?

La terapia della tricomoniasi prevede l’utilizzo di farmaci appartenenti alla famiglia dei nitroimidazolici, che vengono prescritti dal medico dopo una visita. I farmaci possono essere assunti sia per via locale che per via sistemica. Alla terapia antibiotica viene spesso associato un integratore di probiotici, per favorire la ricrescita della normale flora batterica vaginale. I partner sessuali devono essere ugualmente trattati ed è indicata l’astensione dai rapporti sessuali durante tutta la terapia, fino alla completa guarigione di entrambi.

Come si previene la tricomoniasi?

Come per tutte le infezioni sessualmente trasmesse, il rischio di trasmissione della tricomoniasi può essere ridotto utilizzando il preservativo in modo corretto, evitando rapporti sessuali non protetti o con partner occasionali. Inoltre, considerata l’alta incidenza di re-infezione nelle donne, è raccomandato un controllo successivo alla terapia da effettuarsi dopo 3 mesi dal trattamento iniziale.

Vaginosi batterica

Che cos’è la vaginosi batterica?

La vaginosi batterica (VB) è un’infezione caratterizzata dall’alterazione del normale ecosistema e del pH vaginale. In condizioni fisiologiche, l’ecosistema vaginale è composto prevalentemente da Lactobacilli (detti anche lattobacilli), i quali instaurano con l’organismo uno stato di simbiosi mutualistica. Tale equilibrio tra ospite e flora lattobacillare è l’aspetto caratterizzante dell’ecosistema vaginale, e costituisce il principale fattore di difesa contro le infezioni delle vie genitali. Nella vaginosi batterica si determina uno squilibrio della flora saprofita, cioè quei microorganismi che in condizioni normali popolano l’ambiente vaginale. La vaginosi è più frequente nelle donne che hanno una malattia sessualmente trasmessa, o che hanno molti partner sessuali, o nelle donne che utilizzano un dispositivo intrauterino come metodo contraccettivo.

Quali sono le cause della vaginosi batterica?

Le cause della vaginosi batterica sono ancora oggi oggetto di studio. Sicuramente l’insorgenza della vaginosi batterica sembra dipendere dalla contemporanea interazione di più fattori, e non provocata da un singolo microrganismo. Alcune attività e comportamenti possono aumentare il rischio di VB, come ad esempio rapporti sessuali non protetti e un numero elevato di partner sessuali, o ancora terapie antibiotiche, o l’uso di contraccettivi meccanici intrauterini, lo stress psico-fisico, il ricorso troppo frequente a lavande vaginali o un’igiene intima con prodotti con pH non adeguato. La VB è la più frequente delle infezioni vaginali; si verifica quando il numero di lattobacilli protettivi diminuisce e si sviluppano gli altri batteri normalmente presenti (tra cui le specie Gardnerella vaginalis e Peptostreptococcus).

Come si manifesta la vaginosi batterica?

La vaginosi batterica non sempre si accompagna a sintomi (circa il 50% delle VB sono asintomatiche), ma la sua presenza si accompagna da abbondanti perdite vaginali bianco-grigiastre, maleodoranti. Frequentemente le donne colpite da VB associano questo odore sgradevole a quello del pesce, che si manifesta dopo i rapporti sessuali o durante il ciclo mestruale. Queste secrezioni maleodoranti sono causate dalla produzione da parte di alcuni germi di particolari sostanze che derivano dalla degradazione degli aminoacidi. Prurito intimo, bruciore durante la minzione e dolore durante i rapporti sessuali sono sintomi meno frequenti.

Come si fa diagnosi di vaginosi batterica?

La vaginosi batterica viene diagnosticata nel corso della visita ginecologica. Talvolta è la stessa sintomatologia riferita dalla paziente a consentire la diagnosi da parte dello specialista. Durante la visita viene raccolto un campione delle secrezioni con un tampone e viene esaminato al microscopio.

Come si cura la vaginosi batterica?

La VB talvolta regredisce spontaneamente, ma in presenza di sintomi è opportuno un trattamento specifico, che viene prescritto dal medico specialista dopo una visita. Generalmente vengono prescritti antibiotici, che possono essere somministrati per via orale o localmente sotto forma di ovuli o gel. Questi farmaci vanno necessariamente associati ad altri prodotti in grado di stimolare la proliferazione della normale flora microbica costituita dai lattobacilli. Per tale motivo, insieme agli antibiotici vengono prescritti probiotici, associati ad una dieta ricca di fibre e povera di zuccheri (dolci, dolciumi, bevande zuccherate).

Come si previene la vaginosi batterica?

Per prevenire la VB è importante osservare alcune semplici raccomandazioni. In primo luogo è assolutamente necessario curare adeguatamente l’igiene intima. I prodotti utilizzati per l’igiene intima devono essere formulati in modo tale da non alterare il normale pH vaginale. Inoltre è consigliabile durante l’igiene intima evitare che batteri fecali possano diffondersi dalla regione anale alla vagina, per cui è consigliabile eseguire il movimento del lavaggio partendo dalla vulva per arrivare all’ano, e mai viceversa. Altro consiglio è quello di mantenere uno stile di vita sano, favorendo una costante attività fisica e una corretta alimentazione.

Ulcera venerea

Che cos’è l’ulcera venerea?

L’ulcera venerea, chiamata anche cancroide o ulcera molle, è una malattia infettiva sessualmente trasmessa causata da un bacillo chiamato Haemophilus ducreyi. L’ulcera venerea è molto diffusa nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa e in Asia, dove è una delle cause più frequenti di ulcere genitali. In Europa si sono verificati negli ultimi decenni focolai epidemici di ulcera venerea per diffusione della malattia legata al fenomeno della prostituzione.

Come si manifesta l’ulcera venerea?

L’ulcera venerea si manifesta come una lesione cutanea o mucosa sotto forma di papula (ossia una piccola lesione rilevata di circa 1 cm) arrossata, molle, che si rompe facilmente dando luogo ad un’ulcera dolente alla pressione. L’ulcera tende ad approfondirsi, e si circonda da un alone eritematoso con fondo purulento. È proprio la consistenza a darne il nome di ulcera molle (mentre ad esempio quella della sifilide è indolente e ha dei bordi duri). Generalmente l’ulcera si localizza nell’uomo a livello del prepuzio, glande, pelle dell’asta, ano, mentre nella donna a livello delle grandi e piccole labbra, clitoride, vagina, cervice o ano. È anche possibile una localizzazione extra-genitale (mucosa orale, congiuntiva, mammella, etc).
Se non adeguatamente trattata, dopo 1-2 settimane dalla comparsa dell’ulcera si verifica un aumento delle dimensioni dei linfonodi regionali, solitamente quelli inguinali, che possono ulcerarsi lasciano fuoriuscire materiale purulento. In questa fase può comparire anche la febbre.

Come si fa diagnosi di ulcera venerea?

La diagnosi si basa su accertamenti microbiologici che prevedono l’isolamento del batterio sul materiale raccolto dall’ulcera. È possibile eseguire un esame microscopico, o colturale, o attraverso una diagnosi di tipo molecolare. Nei casi di sospetta ulcera venerea, è sempre necessario eseguire gli accertamenti per confermare o escludere anche la sifilide e l’herpes simplex (che possono dare manifestazioni cutanee o mucose simili), tenendo in considerazione che comunque possono coesistere insieme all’ulcera venerea. È opportuno eseguire anche un test HIV.

Come si cura l’ulcera venerea?

Il batterio responsabile dell’ulcera venerea è sensibile a numerosi antibiotici. Generalmente vengono utilizzati antibiotici appartenenti alla classe dei macrolidi, cefalosporine o chinolonici. I partner sessuali dei pazienti con ulcera venerea dovrebbero essere visitati e trattati in caso di contatto sessuale con il paziente nei 10 giorni prima dell’inizio dei sintomi del paziente.

Granuloma inguinale

Che cos’è il granuloma inguinale?

Il granuloma inguinale, conosciuto anche come
donovanosi, è una malattia sessualmente trasmessa causata da un batterio, Klebsiella granulomatis (noto anche come Calymmatobacterium granulomatis o Donovania granulomatis). La donovanosi è un’infezione abbastanza rara in Italia, mentre invece risulta endemica in alcuni paesi tropicali come la Papua Nuova Guinea, India sud orientale, Africa meridionale e nelle aree caraibiche.

Come si manifesta il granuloma inguinale?

I siti di infezione del granuloma inguinale sono diversi. Nell’uomo possono essere il pene, lo scroto, l’inguine e le cosce, nella donna la vulva, la vagina e il perineo. Nei rapporti anali ano e natiche possono essere sedi preferenziali. Dopo un breve periodo di incubazione, l’iniziale nodulo rossastro si ingrandisce, diventando più rilevato, a superficie liscia, spesso con un caratteristico cattivo odore. La lesione pian piano si allarga, si ulcera e può diffondersi ad altre aree cutanee. Talvolta i bordi delle lesioni presentano una tipica depigmentazione. Queste lesioni guariscono lentamente lasciando cicatrici. Spesso si verifica una sovra-infezione delle ulcere da parte di altri microrganismi.

Come si fa diagnosi di granuloma inguinale?

La diagnosi si basa sull’osservazione delle lesioni da parte del medico, e da un esame microscopico per dimostrare la presenza dei cosiddetti corpi di Donovan (numerosi bacilli nel citoplasma di un macrofago) su strisci ottenuti dai liquidi presenti ai margini dell’ulcera. In presenza di granuloma inguinale è importante effettuare uno screening che includa altre malattie a trasmissione sessuale, come sifilide e HIV.

Come si cura il granuloma inguinale?

Numerosi antibiotici sono attivi sul patogeno responsabile del granuloma inguinale. Generalmente vengono utilizzati antibiotici come tetracicline, macrolidi, chinolonici, cefalosporine o aminoglicosidi.

Pediculosi del pube

Che cos’è la pediculosi del pube?

La pediculosi del pube è una parassitosi causata da un insetto parassita dell’uomo, il Phtirus pubis (volgarmente chiamato piattola). Questo parassita può infettare la zona del pube e riprodursi, nutrendosi di sangue e deponendo le uova alla base dei bulbi piliferi.

La pediculosi del pube può essere considerata una malattia a trasmissione sessuale in quanto questo parassita si trasmette facilmente con i contatti sessuali, e più raramente anche attraverso il contatto con il vestiario, la biancheria, etc.

Come si manifesta la pediculosi del pube?

La pediculosi del pube si manifesta con intenso prurito. La sensazione di prurito non è data dalla puntura in sé, ma ad una reazione allergica alla saliva del Phtirus pubis. Il prurito aumenta soprattutto la notte, in quanto è in questo momento della giornata che i pidocchi del pube sono maggiormente attivi. Il Phtirus pubis può anche infestare le ciglia causando bruciore, prurito e irritazione agli occhi.

Come si fa diagnosi di pediculosi del pube?

I pidocchi del pube si rilevano tramite ispezione ravvicinata con una luce ultravioletta. Talvolta si possono rinvenire piccole macchie di colore marrone scuro (feci del pidocchio= sulla pelle o sugli indumenti intimi.

Come si cura la pediculosi del pube?

Occorre applicare farmaci antiparassitari appositi, che vengono applicati secondo prescrizione medica su tutto il corpo o solo sulle sole zone interessate.  È necessario sottoporre a trattamento anche i partner sessuali.

Scabbia

Che cos’è la scabbia?

La scabbia è una malattia infettiva della pelle particolarmente contagiosa. È causata da un acaro, il Sarcoptes scabiei. Questo parassita si inocula al di sotto della pelle e si moltiplica, creando nello strato corneo dell’epidermide delle piccole gallerie che fungono da tane. Ciò determina un intenso prurito e la comparsa di chiazze rosse in rilievo (papule).

Come si trasmette la scabbia?

La trasmissione più comune è il contatto cutaneo diretto e prolungato con un soggetto infestato. La trasmissione indiretta (con la biancheria, lenzuola, asciugamani contaminati) è rara, ma può avvenire in caso di uso condiviso all’interno della famiglia o in una comunità. La scabbia è pandemica, ovvero è diffusa in tutto il mondo. Può colpire chiunque, in qualunque fascia d’età. Tuttavia, viaggi in aree endemiche o condizioni di promiscuità o scarso livello igienico-sanitario costituiscono fattori di rischio. La scabbia pertanto può essere considerata come una malattia sessualmente trasmessa.

Come si manifesta la scabbia?

Segni e sintomi della scabbia si manifestano circa 20-30 giorni dal contagio. La scabbia provoca un’eruzione cutanea, con papule eritematose, associata a prurito diffuso e insistente. Il prurito è causato principalmente da un fenomeno di ipersensibilità ai prodotti proteici dall’acaro Sarcoptes scabiei. Altro segno caratteristico è la presenza dei cunicoli della scabbia, che consistono in striature fini, grigiastre, lunghe qualche millimetro e con una specie di vescicola dal contenuto sieroso all’estremità. Una complicanza della scabbia è la sovrainfezione batterica delle lesioni da grattamento.

Come si fa diagnosi di scabbia?

La diagnosi si basa sull’esame obiettivo e dalla presenza di acari o uova all’esame microscopico. Il materiale da analizzare viene ottenuto mediante scarificazione dei cunicoli.

Come si cura la scabbia?

Il trattamento prevede l’uso di antiparassitari appositi, detti scabicidi, per uso topico. Il trattamento locale si esegue con lozioni o creme a base di benzoato di benzile o permetrina. Il prodotto va applicato su tutto il corpo, dal collo in giù, dopo un bagno caldo e prolungato seguito da un’energica frizione della pelle. Dopo 12 ore dall’applicazione i prodotti vanno rimossi con acqua. È possibile alleviare la sintomatologia pruriginosa con antistaminici per via orale. In caso di sovrainfezione batterica il medico prescriverà un’adeguata terapia antibiotica.

La scabbia è una malattia soggetta a notifica obbligatoria da parte del medico che la diagnostica. Pertanto il Servizio di Igiene pubblica che riceve la segnalazione effettua un’indagine epidemiologica per risalire alle presunte modalità di contagio. Il paziente con diagnosi di scabbia viene isolato per almeno 24 ore dall’inizio del trattamento. Anche la disinfestazione degli ambienti domestici e degli effetti personali è fondamentale. Tutto ciò che non può essere lavato andrebbe esposto all’aria e ai raggi solari per almeno 2-3 giorni. Infatti l’acaro non sopravvive a lungo lontano dalla pelle umana.